17
May
2022
Tempo di lettura:
4 minuti
Antonio Damasio
Tutte le fiere sono un po' Paneburro,
perché sono un buon momento per pensare e fare un bilancio:dopo un tempo di lavoro silenzioso e di confronto con clienti e collaboratori,una fiera come questo Mapic rappresenta l’occasione per riflettere sullo sforzofatto, tirando le somme sulle lezioni imparate e condividerle.
In questo articolo provo a raccontarvi cos’ho imparato io.
Mi piacerebbe fosse solo un inizio, da arricchire insieme.Per questo ho una grande, grandissima domanda per voi.
Ci vediamo al Mapic per parlarne insieme!
Buona lettura
Adolfo
In questo periodo ho intravisto un significato profondo nell’azione di progettare spazi: riguarda l’effetto che questi avranno sulle persone. La consapevolezza che questo sia una certezza fa si che dobbiamo dargli la giusta importanza. La domanda che mi pongo, e che vi pongo, è questa:
Cosa ci muove, perché lo facciamo?
La risposta può venire tramite parole o immagini evocative, forse da una melodia, da un odore, oppure dal nostro desiderio di perseguire sensazioni…la cosa interessante, però, rimane la domanda cosa ci muove?
Suggerisco alcune parole, certo che ce ne siano molte di più, fiducioso che bastino a spiegarmi meglio.
💰 Convenienza > mi muovo per cercare qualcosa che mi serva (o che semplicemente desidero) al miglior prezzo possibile. Mi muovo per il bisogno e il piacere di trovare questa migliore relazione tra qualità e prezzo.
🔐 Sicurezza > mi muovo per evitare di sentirmi aggredito da un ambiente con il quale non mi identifico, o per trovare uno spazio chegarantisca sicurezza ai miei figli, senza dovere prestare attenzione tutto il tempo.
🎉 Svago > mi muovo per una passeggiata tranquilla in famiglia o con gli amici mentre guardiamo vetrine, mentre ci distraiamo vedendo altre persone.
🔎 Curiosità > mi muovo per la ricerca del nuovo, del bello.
Una domanda quindi che evoca quella forza interiore che sappiamo di avere, quella forza che, ogni tanto, ci fa pensare di poter muovere le montagne.
Si chiamano emozioni, ci informano di come stiamo e ci invitano all’azione.
Questa semplice affermazione raccoglie in sé tutta la complessità che ho riscontrato nello svolgimento della nostra attività progettuale. Un’idea supportata da grandi dosi di pragmatismo perché cerca il successo dei nostri progetti. Se i luoghi che progettiamo riescono a coinvolgere, ad essere abitati da persone che inviteranno amici, che torneranno e ritorneranno, allora avremo fatto il nostro, e lo avremo fatto bene.
Noi architetti abbiamo la capacità di trasformare queste emozioni in immagini capaci di trasformarsi in realtà, in elementi tridimensionali, in materia, in luce, e mediante ciò definire lo spazio fisico che può confermare le nostre aspettative emozionali. Proprio per questo mi piacerebbe insistere sull’importanza di individuarle, definirle e identificarle nel singolo progetto.
Come architetti ci hanno insegnato a determinare bene le funzioni degli edifici, ci hanno insegnato ad integrare gli impianti per avere acqua, calore, luce e tante altre cose.
Oggi dobbiamo integrare con la stessa serietà e lo stesso rigore anche le emozioni, come una funzione in più del sistema edificio.
Adolfo Suarez
Lavora disegnando, sempre e comunque, e sa ritagliarsi spazi di silenzio anche nelle situazioni più rumorose. Questo lo porta a una visione dei problemi sempre approfondita, a volte anche inaspettata, che contribuisce a generare quel conflicto positivo che lo porta a cercare sempre soluzioni migliori.
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Paneburro è la newsletter mensile di Adolfo Suarez che raccoglie pensieri, riflessioni e suggestioni sul mondo del Retail. Storie e visioni del contemporaneo condite con il poco che abbiamo, che poi è l’essenziale. Un po’ alla bread&butter, come direbbero gli Inglesi, ma sempre con il nostro tocco creativo.
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