31
May
2022
Tempo di lettura:
5 minuti
Paul Hogan
Oggi più che mai paneburro è per tutti.
Il perché ce lo racconta Cristian. Con lui ho lavorato per 15 anni sviluppando concetti e idee di spazio, definendo percorsi esperienziali per le persone che avrebbero attraversato i nostri progetti, generalmente in ambito retail ma anche residenziale e molto altro.
La sua crescita umana e professionale l’ha portato altrove. Oggi Cristian ci accompagnerà proprio lì, alla scoperta di cos’è il progetto inclusivo e come questo riguarda molto da vicino il retail.
Nella dichiarazione di Stoccolma del 2004 l’European Institute for Design and Disability (EIDD) scriveva “la pratica del Design for All fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane”… wow, adesso capisco perché ha scelto questa strada.
Buona lettura
La progettazione inclusiva infatti è uno strumento d’innovazione in grado di allargare il mercato e soddisfare un numero di utenti sempre più ampio.
Partiamo da quelle che si fanno già (in L22 Retail, per competenze e sensibilità, molte le facciamo da sempre e con uno spirito che va #oltrelanorma): per prima cosa, parcheggi che rispondano a differenti necessità – non solo per le disabilità permanenti ma anche per quelle temporanee e situazionali – con percorsi pedonali protetti e camminamenti senza gradini, e una chiara segnaletica di orientamento per raggiungere il Centro e ritrovare agilmente il proprio mezzo all’uscita; per altra prima cosa, un arredo urbano che consenta frequenti zone di sosta, dotate di aree gioco per bambini, ragazzi e anziani e attrezzate con sedute agevoli, possibilmente vicine a dehor con somministrazione; un’altra prima cosa è una vegetazione diffusa e un’illuminazione rispettosa dell’ambiente, il tutto accompagnato da un wayfinding curato e ovunque identificabile. E ancora: ingressi e principali attrazioni ben riconoscibili, con pensiline a protezione dalle intemperie e bussole d’ingresso lineari e automatiche; pavimentazioni differenziate tra aree di camminamento e aree di sosta e relax; foodcourt con sedute di diverse tipologie, sedie, poltrone, panche e sgabelli accoppiati a tavoli alti e bassi, piccoli e grandi; aree smartworking e studio con punti di ricarica diffusi per i device, e illuminazione e materiali dedicati in funzione del massimo comfort. In tutto questo Lighting e Acoustic Design hanno un ruolo fondamentale. Ma il comfort è da raggiungere ovunque: dai bagni pubblici con programmi sempre più ampi (bagni per uomini, donne e disabili ma anche nursery e bagni per famiglie) ai dettagli più minuti (dagli armadietti guardaroba alle colonnine d’acqua potabile, fino alle macchine per pulire le scarpe).
E poi? Come guardare a un futuro ancora più inclusivo nel Retail?
Ci sono almeno due azioni fondamentali: comunicare e immaginare.
💬 Comunicare
Non va inteso in senso promozionale – che il social washing è sempre dietro l’angolo – ma come trasparenza e chiarezza della comunicazione: raccontare in cosa si è inclusivi davvero, in modo comprensibile a tutti, e imparare ad accompagnare il movimento delle persone nello spazio con sempre maggior naturalezza e semplicità, rispondendo anche ai deficit cognitivi. Ciò può avvenire con l’ausilio di tecnologie ad hoc e continuamente aggiornate, ma anche attraverso la buona gestione dei domini del comfort: aria, luce e acustica sono di primaria importanza per non sovraccaricare l’ambiente di stimoli cognitivamente “energivori”.
💭 Immaginare
È un’altra azione fondamentale, significa andare oltre le necessità e mirare alle ambizioni. Come diceva Walt Disney, se puoi immaginare qualcosa, puoi anche realizzarla. Come? Innanzitutto, allargando il tavolo degli stakeholder coinvolti nel processo di progettazione: le figure classiche – investitore, commercializzatore e gestore – dovrebbero essere affiancate fin dalle prime fasi del progetto dall’utente finale, cioè da esperti delle diverse disabilità(motoria, uditiva, visiva, cognitiva). Potremmo così chiederci, per esempio, se è ancora necessario il “bagno disabili” – con le sue connotazioni così specifiche – e non invece soluzioni diverse, secondo altri criteri (tra cui il diritto a un ambiente esteticamente curato), quindi con parametri più ampi e più fini allo stesso tempo.
Non dimenticando che tutto ciò è prima di tutto un buon investimento: la progettazione inclusiva è uno strumento d’innovazione in grado di allargare il mercato e soddisfare un numero di utenti sempre più ampio. Poiché il target di riferimento di un retail inclusivo sono tutte le persone nelle loro differenze, a partire dalle più vulnerabili: e venire incontro alle vulnerabilità spesso migliora la vita di ognuno di noi.
Immaginare e comunicare, dunque, per includere a una grana sempre più fine: ovvero, non solo progettare “per tutti”, ma anche “per ognuno”.
Cristian Catania
Sono siciliano ma da quasi vent'anni milanese; Sono architetto anche quando sono in vacanza; Sono amante dell'ironia e della convivialità; Sono papà di Matteo e Cecilia e la bicicletta è il mio mezzo d’elezione.
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Paneburro è la newsletter mensile di Adolfo Suarez che raccoglie pensieri, riflessioni e suggestioni sul mondo del Retail. Storie e visioni del contemporaneo condite con il poco che abbiamo, che poi è l’essenziale. Un po’ alla bread&butter, come direbbero gli Inglesi, ma sempre con il nostro tocco creativo.
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