14
June
2022
Tempo di lettura:
4 minuti
Tomasi di Lampedusa
Buongiorno con paneburro senza filtri,
merito di Carlo Romagnoli, il nostro secondo contributor d’eccellenza che ci propone una lettura incalzante, proveniente dall’esterno dei nostri spazi e dei nostri vissuti.
Carlo ha un pensiero fine del mercato: in sé custodisce l’esperienza dell’investitore e la visione dell’architetto, la misura dello spazio e la potenza delle emozioni.
Cosa mi piace di lui? Dice sempre quello che pensa. Una qualità che ritrovo pienamente in questo articolo, profondo, come la sua personalità, che va sempre letta due volte.
Prendetevi il tempo che serve,
Adolfo
Carlo Romagnoli
Architetto - real estate specialist, mi piace un approccio "unconventional" in ogni occasione. Praticare sport ed andare in moto sono le mie passioni oltre al lavoro.
“Perché tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi” è la celebre frase del Gattopardo che credo possa ben rappresentare l'attuale momento del settore retail, in particolare dei centri commerciali per i quali vengono spesi fiumi di parole, ovunque (convegni, articoli di riviste specializzate, interviste…). Chiunque parli dà l’impressione di avere certezze e racconta del cambiamento come necessità, fatto indispensabile per mantenere l'attrattività dei centri e aumentarla quanto più possibile, un mantra a tutti gli effetti, ma sarà vero?
A ben guardare però le novità sembrano poche e centellinate per varie ragioni, tutte valide: la durata nel tempo, l'effettivo interesse che la novità potrà riscontrare e il ritorno dell’investimento; nei fatti una timida propensione alla sperimentazione e al rischio di attuare idee nuove da parte delle Proprietà.
D’altra parte, come parlare di cambiamento senza tenere conto di chi sono i proprietari dei centri commerciali? Sono società spesso quotate che devono confrontarsi con il mercato immobiliare dove per gli azionisti e i valutatori gli argomenti che contano sono: il valore del bene, la posizione sul mercato, il fatturato, i valori delle locazioni e l’assenza di sfitti nella galleria.
Oggi servono criteri gestionali innovativi: il centro commerciale deve essere considerato un grande department store più permeabile possibile e non una striscia di negozi a sé stanti.
Quindi? Le azioni che si possono intraprendere quali possono essere? Probabilmente non merceologie standardizzate con brand uguali ovunque ed i riempi spazi come le telefonie, profumerie, occhialerie ed altro abusati nel numero di presenze nella stessa galleria per evitare spazi vuoti. Questo mix merceologico non avrà molto futuro.
Facile giudicare, ma le soluzioni? Quali idee? Tante, ma efficaci, durature e non troppo costose? Multisala e ristorazione sono state un'ottima combinazione fino alla grande diffusione delle piattaforme streaming che hanno cambiato le abitudini ricreative delle persone mentre la ristorazione, con poche eccezioni, risente della ripetitività delle proposte con le catene chela fanno da padrone lontane dall’essere definibili dining restaurant, senza parlare poi delle restrizioni sanitarie causate dal Covid.
Anche l’architettura dei centri commerciali è un tema molto dibattuto, sicuramente ha un grande impatto sulla vivibilità, sostenibilità e l’attrattività anche se ci sono centri costruiti negli anni 90 - praticamente dei capannoni prefabbricati con gallerie basse e strette - che performano, ed altri con architetture impattanti e obbiettivamente molto belle che hanno basse affluenze.
Un argomento rilevante è certamente la mancanza di flessibilità di queste strutture commerciali, che non sono in condizione di seguire, con la necessaria velocità, i cambiamenti e trend di mercato, ed anche le mutate necessità degli spazi. La causa principale è da cercare nelle tante rigidità presenti, come materiali e impianti poco innovativi, la scarsa sostenibilità, le rigide norme urbanistiche e una burocrazia autorizzativa dai tempi mai certi e sempre molto lunghi.
Dove trovare le soluzioni, quali possono essere i cambiamenti? Le interviste aiclienti possono aiutare? I risultati sono spesso contrastanti, il cliente vuole di norma quello che non trova, ma più probabilmente non sa cosa vuole, di sicuro vorrebbe potere scegliere tra tante nuove proposte. Anche il CRM(Customer Relationship Management) a causa dei vincoli imposti dalla privacy non riesce da noi ad esprimere tutta la sua potenzialità. Difficile districarsi tra questi temi.
Alle proprietà non resta che essere spesso follower di innovazioni provate da altri e consolidate dai risultati, anziché esporsi con iniziative e proposte nuove ad alto rischio.
Il retail, ma in particolare i centri commerciali sono certamente il settore più difficile dove oltre alla esperienza, competenze e professionalità servono anche grandi intuizioni, propensione all’innovazione ed al rischio imprenditoriale.
Ultimo ma non meno importante l’aumento degli acquisti on line, fenomeno e trend considerato come il pericolo maggiore, oggi lo è meno e da noi in Italia l'acquisto fisico tiene per tante ragioni che è inutile ripetere; abbiamo imparato a conviverci ed iniziare a promuovere il click & collect direttamente in galleria con lo scontrino in negozio quando possibile, riducendo le esigenze di spazio ed aumentando le interazioni virtuali con il cliente, strizzando l’occhio alla Generazione Z… prima che vada a fare acquisti nei centri del metaverso.
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