21
March
2023
Tempo di lettura:
2 minuti
Ludwig Mies van der Rohe
C’è bisogno di mescolarsi, in un momento di revisione profonda di tutti i formati c’è bisogno di comprendere le sinergie e le connessioni. Oggi la divisione non funziona più (se è vero che nessun uomo è un’isola…): il modello urbano ci riporta al rimescolamento, all’indeterminazione, all’ibridazione, da accogliere con intelligenza e ascolto, comprendendo vincoli e limiti. Ecco quindi un programma di pillole per mettere in relazione il nostro mondo del Retail con gli stimoli che ci vengono offerti da altre esperienze a noi vicine, dai mondi dell’ospitalità, della residenza, degli uffici e della città in generale. In Lombardini22 abbiamo l’opportunità di ascoltare le loro voci e di comprendere le loro ragioni, adottando punti di vista orizzontali e trasversali. Partiamo con la prima colazione a tema mixed use.
Buona lettura!
Adolfo
La città, i quartieri, le case, i nostri spazi devono calzare come un paio di scarpe su misura? O non devono piuttosto essere generosi di qualcosa che possiamo chiamare indeterminazione?
Negli anni Venti l’architetto Hugo Häring sperimentò geometrie planimetriche che deduceva con acribia scientifica dalle funzioni: disegnò corridoi che si rastremavano, poiché il traffico alla fine dei passaggi diminuisce e dunque richiede meno spazio. Ludwig Mies van der Rohe, che allora divideva a Berlino l’ufficio con Häring, guardava scettico quei labirinti e commentava con benevolo scherno: “Fa’ gli spazi grandi, Hugo, così puoi farci dentro tutto”.
Che vuol dire tutto (appunto) e non vuol dire niente. Se infatti quelle parole, di origine anglosassone, hanno un senso preciso nella città americana come reazione al sistematico zoning funzionale che ha caratterizzato il suo sviluppo (e alimentato lo storico dibattito tra propugnatori della disgiunzione, come Robert Moses, e sostenitori della mixité, come Jane Jacobs), la città europea è sempre stata ad uso misto “di default”, per così dire, è mescolata per impostazione predefinita.
Partendo dalla città, perché tra i molti modi in cui possiamo interpretare il tema del mixed use la lettura urbana è particolarmente interessante. Èil modello cui riferirsi, almeno nella tradizione europea, in qualsiasi progetto che voglia mescolare le diverse dimensioni dell’abitare. Da noi, forse, basterebbe guardare la nostra storia.
Guardando all’Hospitality e al mondo di servizi che sta proliferando intorno al suo “core”, e anche dentro di esso – la stanza –, poiché dove c’è servizio c’è ospitalità. E dove il servizio è più differenziato, si generano insiemi complessi e ricchi d’esperienza, anche da un punto di vista narrativo.
Attraversando il mondo degli uffici e delle sue ibridazioni. Parola cruciale, ibridazione, perché non ci parla di semplice accostamento di funzioni e modi d’uso, ma di qualcosa che per vocazione o necessità condensa quell’eterogeneità in unità di tempo e luogo, come fosse una rappresentazione teatrale: ma con tutte le questioni di convivenza reale che ciò comporta, che è di fatto rappresentazione della vita.
Adolfo Suarez
Lavora disegnando, sempre e comunque, e sa ritagliarsi spazi di silenzio anche nelle situazioni più rumorose. Questo lo porta a una visione dei problemi sempre approfondita, a volte anche inaspettata, che contribuisce a generare quel conflicto positivo che lo porta a cercare sempre soluzioni migliori.
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