22
March
2022
Tempo di lettura:
2 min
Fedez
Buongiorno con paneburro!
Uno dei grandi maestri che ha influenzato la mia formazione è l’architetto Alejandro della Sota.
Lui sosteneva che, ai clienti, era importante mostrare prima come risolvesse i loro problemi. L’architettura? La rubava dopo.
L’ho sempre interpretato in questo senso: la dimensione della bellezza del nostro operato deve essere più percepita che raccontata. Oggi, 60 anni dopo queste affermazioni, il mondo è cambiato e lo storytelling ha preso il sopravvento, anche in ambito architettonico (possiamo quasi dire che oggi tutto è prodotto).
La domanda, alla quale risponde Giulia in questo pezzo, rimane lecita e attuale: qual è la materia dell’architettura, anche in ambito retail?
Buona lettura!
Adolfo
Ci sono molteplici concetti e pregiudizi che ruotano attorno alla realtà delle strutture commerciali e che hanno invaso il linguaggio contemporaneo. Alcuni vedono tali strutture come non-luoghi, spazi senza identità relazionale e storica, come contenitori estranei al contesto in cui si inseriscono, altri invece le identificano come uno strumento di ricomposizione territoriale avente un ruolo sociale attivo.
In questo dibattito ciò che ha colpito me, invece, è che nella storia dell’architettura tali strutture siano sempre state guardate con un certo distacco, come se viaggiassero su un binario parallelo e non ci potesse essere interesse reciproco tra tali spazi e cultura architettonica. Una delle cause si può riscontrare nei vincoli progettuali imposti dai fattori economici e tecnologici.
Il progetto di un edificio commerciale non è però solo programmazione, numeri ed esigenze di mercato ma è anche progetto architettonico.
Come un qualsiasi altro edificio, il centro commerciale è pensato come un organismo e la sua progettazione parte dallo spazio e si occupa di tutte le componenti che lo definiscono: suono, materia, luce, struttura. Lo spazio può essere temporaneo o definitivo, stretto o largo, può accogliere aree di sosta individuale ed ospitare un insieme di persone per attività socializzanti, può aprirsi al contesto inglobando degli spazi esterni o portare all’interno luce naturale.
Paradossalmente le parti comuni di un centro commerciale sono spazi collettivi e la loro progettazione riflette quella dello spazio pubblico della città.
L’architettura commerciale ritrova le persone come unità di misura. Le sue forme e dimensioni sono pensate per contribuire agli stimoli positivi, percettivi e sensoriali, degli utenti che la abitano. Vivere lo spazio attraverso il corpo ei sensi lo trasforma in un luogo che incentiva nuove forme di esperienza.
La progettazione e il disegno di una struttura commerciale partono da un pensiero architettonico in cui le scelte tecnologiche e le necessità economiche accompagnano il processo creativo avendo come fine la qualità dello spazio.
Possiamo quindi affermare che la forma, la luce, l'ambiente sono quegli elementi che compongono un edificio commerciale. Elementi che sono, in primo luogo, per loro natura, materia dell’architettura.
Giulia Lorini
Mi piace pensare di usare la creatività come spinta per andare in fondo alle cose e cercare il mio punto di vista. Sono architetto e definirmi resta una grande sfida: non credo nel delimitare un perimetro ma nel cambiarlo e farlo evolvere.
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Paneburro è la newsletter mensile di Adolfo Suarez che raccoglie pensieri, riflessioni e suggestioni sul mondo del Retail. Storie e visioni del contemporaneo condite con il poco che abbiamo, che poi è l’essenziale. Un po’ alla bread&butter, come direbbero gli Inglesi, ma sempre con il nostro tocco creativo.
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