30
May
2023
Tempo di lettura:
3 minuti
Victor Gruen & Larry Smith
Nelle fasi di profondo cambiamento, l’istinto umano è quello di allenare il pensiero alla ricerca di uno spiraglio, di un fascio di luce che permetta di rischiarare e lasciare intravedere i contorni della nuova configurazione della realtà. Talvolta la ricerca di risposte non trova il suo appagamento nello sguardo visionario volto al domani, bensì nella riflessione alimentata dall’analisi di ciò che è stato.
Approfittando degli spunti di riflessione emersi durante il Mapic, durante questa colazione abbiamo deciso di portare in tavola qualche idea di partenza sul futuro del centro commerciale. O almeno, ci proviamo.
Buona lettura!
Adolfo
Di fronte alla forte evoluzione e ridefinizione dei formati che sta coinvolgendo il mondo dei centri commerciali, e al dibattito sul tema della loro attrattività e degli investimenti che faticano ad arrivare, delineare il futuro del settore risulta quanto mai complesso e nebuloso. Per cercare di fare un po’ di chiarezza, mi viene in aiuto il passato. Provo quindi a volgere lo sguardo indietro, per indagare la storia e imparare dall’esperienza che le generazioni passate ci hanno lasciato in eredità.
Riprendo la lettura – attenta e appassionata – di Victor Gruen, architetto austriaco di inizio Novecento, e ripenso alla sua volontà di dotare i suburbia, le periferie generate dalla veloce ed esponenziale crescita urbana americana negli anni del secondo dopoguerra, di uno spazio non solo di commercio – già presente in diverse configurazioni –, ma in grado di soddisfare i bisogni sociali, culturali e civili delle comunità che li abitano.
Nel 1956, questo desiderio lo porta all’ideazione del Southdale Center, il primo e più antico shopping mall coperto e climatizzato degli Stati Uniti. La grande novità risiede nelle implicazioni che la creazione di uno spazio di questo tipo, che ambiva a essere molto più di un semplice percorso di accesso ai negozi, ha avuto sul disegno stesso.
Ad alimentare il progetto c’è l’idea di un conflitto positivo – espressa poi nel libro Shopping Town USA: The Planning of Shopping Centers scritto a quattro mani con l’economista Larry Smith – che mirasse non solo al raggiungimento di obiettivi economici, ma di benefici reali per l’intera società tramite la creazione di uno spazio di “urbanità” destinato alla comunità, in grado di assorbire le caratteristiche di un organismo urbano e di metterle a servizio dei bisogni e delle attività umane.
Ecco quindi, la consapevolezza sfidante del dovere trovare un equilibrio fra concetti finanziari e la comprensione dell’impatto che uno spazio può avere sulle persone.
Come riporta l’introduzione del libro, infatti,“Because of the difference of approach inherent in the character of their professions, such cooperation has often involved lively arguments. Sometimesthe battle of wits between the economist and the architect resulted in thecreation of an entirely new concept superior in many respects to the one which each of them had in mind at the outset. In collaborating on this book the authors had to resolve such differences with regard to the many questions.”
Nel suo disegno originale, il Southdale Center appare come uno spazio ampio, elegante, con punti di verde e sedute diffuse. L’aspetto e l’atmosfera sono quelli di una grande lobby di un cinema, di un aeroporto, o di una piazza cittadina, piuttosto che di un luogo adibito alla mera attività commerciale. Una dimensione urbana fortemente legata alla valorizzazione del rapporto con il territorio e con la società che, nel corso degli anni, si è andata perdendo quando quell’equilibro tra architettura ed economia – tanto bramato da Victor Gruen – ha iniziato a sgretolarsi, e la finanza ha preso il sopravvento. Quale futuro aspettarsi, quindi, dal Retail? Quali saranno la configurazione e le funzionalità degli spazi di domani?
A partire da quel primo esempio di moderno centro commerciale nel Minnesota, vediamo come il cambiamento sia un elemento imprescindibile. Nel corso degli ultimi cinquant’anni l’evoluzione del formato è stata rapida e continua: prima la mera illuminazione artificiale lascia il posto a grandi vetrate che si inondano di luce naturale, poi dal piano orizzontale lo sviluppo dell’edificio si verticalizza, adottando una dimensione bipiano e poi su più livelli…
Una storia affascinante, fortemente legata ai cambiamenti sociali, economici, tecnologici della società, che approfondiremo durante una prossima colazione!
Adolfo Suarez
Lavora disegnando, sempre e comunque, e sa ritagliarsi spazi di silenzio anche nelle situazioni più rumorose. Questo lo porta a una visione dei problemi sempre approfondita, a volte anche inaspettata, che contribuisce a generare quel conflicto positivo che lo porta a cercare sempre soluzioni migliori.
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Paneburro è la newsletter mensile di Adolfo Suarez che raccoglie pensieri, riflessioni e suggestioni sul mondo del Retail. Storie e visioni del contemporaneo condite con il poco che abbiamo, che poi è l’essenziale. Un po’ alla bread&butter, come direbbero gli Inglesi, ma sempre con il nostro tocco creativo.
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